Con l’arrivo dell’inverno e il calo delle temperature, è fondamentale garantire un ambiente domestico confortevole e caldo. L’accensione dei sistemi di riscaldamento si rende pertanto indispensabile, ma è importante ricordare che questa pratica è soggetta a normative specifiche, le quali variano in base alla zona geografica di riferimento.
Cosa dice la legge?
Le recenti direttive nazionali, stabilite dal Dpr 74 del 16 aprile 2013, pongono l’accento sulla necessità di un equilibrio tra il comfort domestico e la sostenibilità ambientale. In gran parte d’Italia, le date di accensione vanno dal 15 ottobre al 1 dicembre e il riscaldamento può essere riattivato dal 15 marzo fino al 15 aprile, a seconda delle esigenze climatiche specifiche delle diverse zone.
Tali misure non solo mirano a migliorare l’efficienza energetica, ma anche a sensibilizzare la popolazione sull’importanza di limitare l’uso delle risorse e di adottare comportamenti più rispettosi dell’ambiente. In questo modo, si incentiva una coscienza collettiva verso la sostenibilità, senza compromettere il benessere abitativo.
Quali sono gli obiettivi delle restrizioni?
Queste restrizioni non hanno un mero scopo normativo, ma mirano a contenere i consumi di gas, contribuendo così a una gestione più sostenibile delle risorse energetiche. Inoltre, la limitazione dell’uso dei riscaldamenti è fondamentale per ridurre l’impatto ambientale, un aspetto cruciale data l’influenza dei sistemi di riscaldamento sulla qualità dell’aria che respiriamo.
Le regolamentazioni variano notevolmente in base alla zona geografica, riflettendo le differenze climatiche e le necessità abitative delle diverse regioni italiane. Inoltre, sono suscettibili a modifiche in risposta a direttive straordinarie emanate dal Governo, soprattutto in contesti di emergenza o di crisi energetica.
Le zone geografiche e le rispettive date
L’Italia è divisa in sei zone climatiche (dalla A alla F), ognuna delle quali ha regole specifiche per quanto riguarda l’accensione e lo spegnimento del riscaldamento. La suddivisione si fonda sulla temperatura media annuale delle diverse regioni del Paese, ma i Comuni hanno la possibilità di anticipare o posticipare le date in base a particolari condizioni meteorologiche. Di seguito le principali regole zona per zona:
- Zona A: comprende le isole di Lampedusa, Linosa e Porto Empedocle. In questa zona, i riscaldamenti possono essere accesi dal 1° dicembre per un massimo di 6 ore al giorno e dovranno essere spenti entro il 15 marzo;
- Zona B: include province calde come Agrigento, Palermo, Catania e Reggio Calabria. Il riscaldamento potrà essere acceso dal 1° dicembre per un massimo di 8 ore giornaliere, con spegnimento al 31 marzo;
- Zona C: interessate sono città come Napoli, Salerno, Cagliari e Taranto. Qui, i riscaldamenti possono essere accesi dal 15 novembre per un massimo di 10 ore al giorno, con spegnimento entro il 31 marzo;
- Zona D: comprende città come Roma, Firenze, Genova e Pescara. In questa zona, il riscaldamento può essere acceso dal 1° novembre per 12 ore al giorno e spento entro il 15 aprile;
- Zona E: riguarda gran parte del Nord e del Centro Italia, comprese città come Milano, Torino, Bologna e Venezia. Qui, i termosifoni possono essere accesi dal 15 ottobre e restare attivi per 14 ore al giorno fino al 15 aprile;
- Zona F: si tratta delle aree più fredde d’Italia, come Belluno, Trento e Cuneo. In questa zona non ci sono limitazioni sulle date di accensione e spegnimento del riscaldamento, viste le rigide condizioni climatiche.
Inoltre, gli orari giornalieri di accensione variano da un minimo di 6 ore nelle zone più calde (zona A) fino a 14 ore nelle zone più fredde (zona E). Anche in questo caso, i Comuni possono intervenire per estendere o ridurre tali limiti in base a situazioni climatiche eccezionale
Accensione riscaldamento Milano e Torino 2024
Milano e Torino, due tra le principali città della zona E in Italia, presentano caratteristiche climatiche affini che le rendono tra le più fredde del paese durante la stagione invernale. Entrambe le città, infatti, sono soggette a un numero elevato di gradi giorno, che evidenziano l’intensità del freddo, con temperature che possono scendere notevolmente durante i mesi autunnali e invernali.
Questa peculiarità climatica richiede un adeguato riscaldamento degli ambienti domestici: come anticipato sopra, in questi territori i termosifoni possono essere accesi a partire dal 15 ottobre e rimangono funzionali per un massimo di 14 ore al giorno, proseguendo il loro servizio fino al 15 aprile. Tale regolamentazione è fondamentale non solo per garantire il comfort termico degli abitanti, ma anche per affrontare al meglio le rigide condizioni invernali che caratterizzano le due città.
Orari e temperature massime consentite
Il decreto prevede non solo date precise, ma anche limiti di utilizzo. Questo limite ha l’obiettivo di contenere i consumi energetici e ridurre le emissioni, seguendo le direttive dell’Unione Europea. Nel dettaglio, per quanto riguarda la temperatura massima da impostare nel proprio impianto di riscaldamento, di seguito le regole da seguire a meno di eccezioni stabilite a livello locale:
- 18°C (+2°C massimo di tolleranza) per tutti gli edifici dedicati ad attività industriali o artigianali;
- 20°C (+2°C massimo di tolleranza) per tutti gli altri edifici, ambienti domestici compresi.
Fanno eccezione a queste regole solo alcuni casi particolari per cui valgono direttive dedicate, ad esempio strutture sanitarie o RSA.
Possibili deroghe comunali
I sindaci hanno la facoltà di derogare le norme del decreto in casi particolari. Se, ad esempio, si verificano periodi di freddo intenso in anticipo rispetto alle date stabilite, i Comuni possono autorizzare l’accensione anticipata del riscaldamento. Allo stesso modo, in caso di temperature particolarmente miti, è possibile ritardare l’accensione o anticipare lo spegnimento.
È fondamentale inoltre tenere presente che le normative riguardanti l’accensione degli impianti termici possono subire modifiche straordinarie da parte dello Stato, delle Regioni o dei Comuni per far fronte a necessità particolari, come crisi energetiche o eventi climatici anomali. Non basta quindi fare riferimento al semplice schema delle zone, poiché ogni Comune ha la facoltà di applicare deroghe, le quali devono essere giustificate in base alle condizioni climatiche locali.